Pubblicato il Maggio 17, 2024

L’aumento della marginalità non è una questione di tagli, ma di intelligenza sistemica e riorganizzazione dei processi.

  • Superare la ripartizione dei costi basata sulle ore manodopera, che falsa i preventivi e le decisioni strategiche.
  • Trasformare l’ufficio tecnico da centro di costo a motore di ingegneria integrata che dialoga con la produzione.

Raccomandazione: Iniziare con una mappatura critica dei processi esistenti per identificare gli sprechi prima di qualsiasi investimento in tecnologia o automazione.

Per ogni proprietario di una PMI manifatturiera o Plant Manager, la pressione sulla marginalità operativa è una realtà quotidiana. La competizione globale, l’aumento dei costi delle materie prime e le richieste di maggiore personalizzazione da parte dei clienti stringono i profitti in una morsa. La reazione istintiva è spesso quella di “tagliare i costi” in modo indiscriminato o di sperare che l’acquisto di un nuovo macchinario all’avanguardia possa, da solo, risolvere il problema dell’efficienza. Altri tentano di applicare i principi della Lean Production come se fossero una ricetta di cucina, importando termini e strumenti senza un reale adattamento culturale.

Ma se il vero collo di bottiglia non fosse né la macchina, né la manodopera, bensì il muro invisibile che separa chi progetta da chi produce? E se la chiave per sbloccare quel 15% di marginalità non risiedesse in un taglio, ma in una trasformazione? L’approccio che esploreremo va oltre le soluzioni superficiali. Si concentra sulla metamorfosi più critica e spesso trascurata: l’evoluzione dell’ufficio tecnico in un vero e proprio dipartimento di ingegneria industriale integrata. Questa non è una semplice modifica di organigramma, ma un cambio di paradigma che mette il processo al centro di tutto.

Questo articolo non è un elenco di strumenti, ma una roadmap strategica. Analizzeremo perché l’approccio tradizionale non è più sostenibile, come ripensare l’organizzazione per favorire la collaborazione e come adattare metodologie globali alla specifica e preziosa cultura manifatturiera italiana. L’obiettivo è costruire un sistema robusto, scalabile e, soprattutto, più profittevole.

Per guidarvi in questo percorso strategico, abbiamo strutturato l’articolo in sezioni chiave che affrontano ogni aspetto della trasformazione, dall’analisi dei costi all’implementazione culturale. Ecco la mappa del nostro ragionamento.

Sommario: La roadmap per una marginalità ingegnerizzata

Perché le aziende che ignorano l’ingegneria di processo perdono competitività in 3 anni?

In un mercato che si muove a velocità crescente, l’immobilismo è la strategia più rischiosa. Le PMI che continuano a operare con una logica artigianale su scala industriale, basandosi sull’esperienza del singolo e su processi non standardizzati, affrontano un’erosione lenta ma inesorabile della loro competitività. Il problema non è la mancanza di know-how sul prodotto, spesso eccellente, ma l’incapacità di ottimizzare il flusso di valore che lo genera. Senza un’analisi ingegneristica, piccoli sprechi quotidiani si sommano, i tempi di consegna si allungano e la capacità di rispondere rapidamente al mercato diminuisce.

Questa perdita di competitività non è un’ipotesi, ma un dato di fatto osservabile. Le aziende concorrenti, anche quelle più piccole ma agili, che investono nell’ingegneria di processo riescono a offrire prezzi migliori, tempi di consegna più brevi e una qualità più costante. Lo dimostra la domanda di ingegneri, con una crescita del +9,4% nel 2024, come registrato dal Centro Studi CNI. Questo divario, inizialmente piccolo, si amplifica nel giro di 2-3 anni fino a diventare un baratro. Come evidenziato dalle analisi di settore, l’approccio Lean e l’ingegneria di processo sono diventati essenziali per le PMI per identificare e ridurre perdite e costi eccessivi, prevenendo la loro marginalizzazione dal mercato.

Ignorare l’ingegneria di processo significa, in sostanza, scegliere di competere con armi spuntate. Significa affidare la propria marginalità alla speranza che i concorrenti non facciano meglio, anziché costruirla attivamente su basi solide, misurabili e replicabili.

Come applicare l’ingegneria industriale in produzioni su commessa senza rigidità?

Una delle obiezioni più comuni da parte delle PMI che lavorano su commessa è che l’ingegneria industriale e i principi Lean siano troppo rigidi e adatti solo alla produzione di massa. Questa è una profonda incomprensione. La vera ingegneria di processo non impone rigidità, ma fornisce la flessibilità strutturata necessaria per gestire la variabilità in modo efficiente. L’obiettivo non è produrre sempre la stessa cosa, ma creare un sistema capace di produrre cose diverse con la massima efficienza possibile.

Il segreto sta nell’adottare un approccio modulare. Invece di reinventare il processo per ogni singola commessa, si identificano “famiglie” di prodotti con cicli di lavoro simili e si progettano moduli di processo standardizzati che possono essere combinati in modi diversi, come dei mattoncini Lego. Questo permette di ridurre drasticamente i tempi di setup, bilanciare i carichi di lavoro e gestire il flusso in modalità “pull”, producendo solo ciò che serve, quando serve.

Il confronto tra l’approccio tradizionale e quello basato sull’ingegneria modulare evidenzia un cambiamento radicale, soprattutto in termini di flessibilità e gestione delle scorte.

Confronto tra produzione tradizionale e ingegneria modulare
Aspetto Produzione Tradizionale Ingegneria Modulare
Approccio Rigido per singolo prodotto Moduli di processo combinabili
Tempo di setup Lungo e variabile Ridotto del 50% con SMED
Gestione scorte Push con magazzino elevato Pull con Just-in-Time
Flessibilità Bassa Alta (sistema ‘Lego’)

Applicare questi concetti richiede di mappare il flusso del valore, implementare tecniche come il Cellular Manufacturing e lo Standard Work per creare processi ripetibili, e utilizzare sistemi come il Kanban per una gestione visiva e reattiva del flusso produttivo. Non si tratta di eliminare la personalizzazione, ma di ingegnerizzare il processo che la supporta.

Gestione a vista vs Approccio ingegneristico: quale garantisce la scalabilità?

Molte PMI di successo sono cresciute grazie alla “gestione a vista”: l’imprenditore o il capo reparto, con la sua profonda esperienza, controlla tutto, risolve problemi al volo e prende decisioni basate sull’intuito. Questo modello, pur essendo efficace in una fase iniziale, ha un limite intrinseco: non è scalabile. La crescita dell’azienda porta a un aumento della complessità che supera la capacità di controllo di una sola persona, generando caos, ritardi e inefficienze.

L’approccio ingegneristico offre l’alternativa. Non si basa sull’eroismo individuale, ma sulla creazione di un sistema robusto e visibile a tutti. Invece di avere informazioni confinate nella mente di pochi, si definiscono processi standard, si implementano indicatori di performance (KPI) chiari e si utilizzano strumenti di gestione a vista (Visual Management) che rendono lo stato della produzione immediatamente comprensibile a chiunque. Questo permette di delegare le decisioni operative e di liberare il management per concentrarsi sulla strategia.

La differenza tra i due approcci è visibile non solo nei risultati, ma anche nell’ambiente di lavoro. Da un lato il caos, dall’altro l’ordine funzionale.

Confronto visivo tra sistema di gestione tradizionale e sistema ingegnerizzato con dashboard e metriche

Passare da una gestione basata sull’emergenza a una basata sul processo significa costruire le fondamenta per una crescita sostenibile. Un sistema ingegnerizzato permette all’azienda di crescere senza implodere, mantenendo il controllo sulla qualità e sui costi. La scalabilità, quindi, non è un risultato casuale della crescita, ma una caratteristica progettata all’interno del sistema operativo aziendale.

L’errore organizzativo che isola l’ufficio tecnico dalla produzione

L’errore più comune e costoso nell’organizzazione di una PMI manifatturiera è considerare l’ufficio tecnico e la produzione come due mondi separati. L’ufficio tecnico progetta, spesso concentrandosi solo sulla funzionalità del prodotto, e poi “lancia il disegno oltre il muro” alla produzione, che deve arrangiarsi per realizzarlo. Questo isolamento è la fonte primaria di inefficienze, rilavorazioni, ritardi e costi nascosti.

La soluzione è rompere questi silos e integrare le competenze attraverso un approccio noto come Design for Manufacturing & Assembly (DFMA). Questo significa che la progettabilità, la producibilità e il costo di un prodotto vengono considerati fin dalle primissime fasi del design, in un team interfunzionale che include tecnici, personale di produzione e addetti agli acquisti. Questo approccio previene a monte problemi che, se scoperti in produzione, costerebbero dieci volte di più da risolvere.

Un altro errore fatale è saltare all’automazione e alla digitalizzazione (Industry 4.0) senza aver prima ottimizzato i processi. Come sottolineano gli esperti di trasformazione digitale, digitalizzare un processo inefficiente non fa altro che digitalizzare ed automatizzare gli sprechi. Qualsiasi progetto di innovazione deve partire da un’analisi e una razionalizzazione dei flussi esistenti. Prima si applica la Lean, poi si digitalizza.

Checklist per l’audit del DFMA

  1. Punti di contatto: Sono stati istituiti incontri regolari tra ufficio tecnico e produzione?
  2. Collecte: Esiste un sistema per raccogliere feedback dalla produzione sui nuovi progetti?
  3. Coerenza: I KPI dell’ufficio tecnico (es. numero disegni) sono allineati con i KPI di produzione (es. % successo al primo montaggio)?
  4. Mémorabilité/émotion: Le revisioni di design sono viste come un’opportunità di collaborazione o un momento di conflitto?
  5. Plan d’intégration: È stato definito un piano per introdurre revisioni congiunte nelle fasi iniziali di ogni nuovo progetto?

Quando evolvere l’ufficio tecnico in dipartimento di ingegneria industriale integrata?

L’evoluzione da un ufficio tecnico tradizionale a un dipartimento di ingegneria industriale integrata non è un vezzo, ma una necessità che si manifesta con segnali chiari. Quando i ritardi nelle consegne diventano la norma, quando le rilavorazioni in officina assorbono una parte significativa delle ore produttive, o quando i preventivi si rivelano sistematicamente errati a consuntivo, significa che il modello attuale ha raggiunto il suo limite. Questi non sono problemi isolati, ma sintomi di una mancanza di visione sistemica del processo.

La transizione deve essere progressiva, specialmente nel contesto delle PMI italiane. Non si tratta di assumere dieci ingegneri dall’oggi al domani, ma di iniziare un percorso di cambiamento culturale. Secondo l’approccio consigliato da esperti del settore per le PMI, è fondamentale puntare sulla formazione specifica, coinvolgere tutto il personale, e introdurre cambiamenti visibili e misurabili per ottenere un ritorno immediato e costruire fiducia. Il primo passo può essere l’inserimento di una singola figura, un ingegnere di processo, che agisca da ponte tra l’ufficio tecnico e la produzione, con il mandato di mappare i flussi, analizzare i dati e proporre miglioramenti concreti.

L’obiettivo è creare un team multidisciplinare che non pensa più per funzioni, ma per processi, collaborando per ottimizzare il flusso del valore dall’ordine alla consegna.

Team multidisciplinare di ingegneri che collaborano attorno a un modello 3D olografico di processo produttivo

Il momento di evolvere è adesso, non quando la crisi di competitività sarà irreversibile. La domanda da porsi non è “se” fare questa transizione, ma “come” iniziarla in modo graduale e sostenibile, valorizzando le competenze esistenti e integrandole con nuove metodologie per garantire la sopravvivenza e la prosperità dell’azienda nel lungo termine.

Perché ripartire i costi generali sulle ore manodopera sta falsando i tuoi preventivi?

Uno dei dogmi più radicati e pericolosi nella contabilità di molte PMI manifatturiere è l’allocazione dei costi generali (overhead) in base alle ore di manodopera diretta. Questo metodo, nato in un’era di produzione a bassa automazione, oggi è completamente inadeguato e porta a una distorsione sistematica della redditività dei prodotti e delle commesse. Di fatto, penalizza i prodotti semplici e ad alto volume (che assorbono molti costi generali pur richiedendo poche attività di supporto) e avvantaggia ingiustamente i prodotti complessi e a basso volume (che generano molti costi indiretti ma assorbono poche ore di manodopera).

Il risultato è disastroso a livello strategico: l’azienda crede di guadagnare su prodotti che in realtà sono in perdita e rifiuta commesse su prodotti che sarebbero profittevoli. Si finisce per competere sul prezzo sbagliato, con conseguenze fatali sulla marginalità complessiva. La soluzione a questa distorsione è l’adozione del metodo Activity-Based Costing (ABC). L’ABC non alloca i costi in modo arbitrario, ma li attribuisce alle attività che li generano (es. setup macchina, gestione ordini, controllo qualità) e, da lì, ai prodotti che consumano tali attività.

Questo approccio fornisce una visione del costo reale di ogni prodotto, consentendo di prendere decisioni di prezzo e di mix produttivo basate su dati affidabili e non su medie fuorvianti, come dimostra l’analisi di esperti di costing per le PMI.

Confronto tra ripartizione tradizionale e ABC
Metodo Base di allocazione Risultato sui prodotti complessi Risultato sui prodotti semplici
Tradizionale (ore MO) Ore manodopera diretta Sottostima dei costi Sovrastima dei costi
Activity-Based Costing Driver di costo per attività Costo reale riflesso Costo reale riflesso
Impatto decisionale Vincere commesse in perdita Perdere commesse profittevoli Decisioni informate

Implementare l’Activity-Based Costing è un pilastro fondamentale dell’ingegneria industriale. Senza una comprensione accurata dei costi, qualsiasi sforzo di ottimizzazione dei processi rischia di essere vano, perché si potrebbero migliorare le attività sbagliate.

Perché gli obiettivi di reparto spesso confliggono con la strategia aziendale globale?

In molte aziende, i reparti operano in silos, ciascuno con i propri obiettivi. Il direttore di produzione è misurato sull’efficienza e tende a favorire grandi lotti per ridurre i tempi di setup. Il direttore commerciale vuole la massima flessibilità per soddisfare ogni richiesta del cliente, spingendo per lotti piccoli e personalizzati. Il responsabile acquisti è incentivato a comprare grandi quantità per ottenere sconti. Questi obiettivi, presi singolarmente, sembrano logici, ma a livello globale creano un conflitto perenne che sabota la strategia aziendale.

Questo accade perché manca una visione sistemica e un allineamento sugli obiettivi di business reali, come la marginalità operativa o il lead time totale. Come sottolinea il Project Management Institute, la Lean non è solo un insieme di strumenti, ma una filosofia di business.

Lean is a business philosophy, not just a tool set or method for improvement. This business philosophy was derived from Toyota experiences and in particular from its Toyota Production System (TPS). The focus is on reducing waste in all business processes. The result is reduction of cost and lead-time as well as an increase in quality.

– Project Management Institute, Lean Project Management Study

Per superare questi conflitti, l’ingegneria industriale utilizza metodologie di allineamento strategico come l’Hoshin Kanri (o Policy Deployment). Questo approccio parte dall’obiettivo strategico principale dell’azienda (es. +15% di marginalità) e lo “cascada” in sotto-obiettivi coerenti e interdipendenti per ogni funzione. Invece di KPI in conflitto, si definiscono KPI condivisi, come l’OTIF (On-Time-In-Full), che misurano la performance dell’intero processo e costringono i reparti a collaborare per un fine comune.

Piano d’azione per l’allineamento strategico: Hoshin Kanri

  1. Definire l’obiettivo strategico principale (es. +15% marginalità operativa).
  2. Cascadare l’obiettivo in sotto-obiettivi coerenti per funzione (es. Acquisti: -5% costo totale di possesso).
  3. Confrontare gli obiettivi dei reparti per identificare i conflitti esistenti (es. grandi lotti vs. bassi stock).
  4. Sostituire i KPI di reparto con KPI condivisi e inter-funzionali (es. OTIF – On-Time-In-Full).
  5. Implementare revisioni periodiche inter-funzionali per monitorare l’avanzamento verso l’obiettivo comune.

Da ricordare

  • La marginalità si crea con una visione sistemica dell’azienda, non con tagli isolati e reattivi.
  • L’Activity-Based Costing (ABC) è uno strumento non negoziabile per conoscere il costo reale di ogni commessa e prendere decisioni strategiche corrette.
  • La vera competitività nasce dall’evoluzione dell’ufficio tecnico in un’ingegneria di processo integrata, il vero motore dell’efficienza.

Come adattare la Lean Manufacturing alla cultura delle PMI italiane senza rigetto?

Esiste una crescente consapevolezza che il “pensiero snello” sia una strategia fondamentale, ma nonostante questa apertura teorica, la sua applicazione nelle PMI italiane è ancora limitata, specialmente al di fuori dei distretti industriali più avanzati del Nord. Il motivo principale è il rischio di rigetto culturale. Imporre un modello nato in Giappone, con terminologie straniere e un approccio rigido, a una realtà fiera del proprio “saper fare” artigianale e della propria flessibilità “istintiva” è una ricetta per il fallimento.

L’adattamento è la chiave del successo. Un’ingegneria industriale intelligente non impone, ma traduce e integra. Invece di parlare di “Kaizen”, si parla di “miglioramento continuo”, un concetto che ogni buon artigiano ha nel proprio DNA. Invece di imporre le “5S”, si presenta il progetto come un’iniziativa per migliorare “ordine e sicurezza sul lavoro“, un tema sentito e obbligatorio. L’obiettivo non è sradicare la cultura esistente, ma potarla, eliminando gli sprechi che la soffocano e valorizzando il know-how dell’operatore esperto.

Un approccio graduale che parte da “quick wins” visibili è fondamentale per costruire fiducia. Iniziare con una semplice lavagna di gestione a vista per 1-2 metriche chiave o con la riorganizzazione di una singola postazione di lavoro può avere un impatto enorme sul morale e dimostrare il valore del metodo in modo tangibile.

Operaio esperto italiano che guida un team nella riorganizzazione 5S di una postazione di lavoro

L’ingegneria industriale, in questo contesto, agisce come un traduttore culturale: prende principi universali di efficienza e li cala nella specifica realtà della PMI italiana, rispettandone i punti di forza e aiutandola a superare le sue debolezze strutturali. Solo così la trasformazione può essere sostenibile e generare un aumento reale della marginalità.

La transizione verso un modello basato sull’ingegneria industriale non è un costo, ma l’investimento più strategico che una PMI manifatturiera possa fare oggi. È il passaggio da un’azienda che subisce il mercato a un’azienda che lo governa, costruendo un vantaggio competitivo duraturo basato sull’intelligenza dei propri processi. Valutate oggi stesso la maturità della vostra organizzazione per definire un piano d’azione concreto e iniziare a liberare la marginalità nascosta nella vostra produzione.

Scritto da Marco Bernardi, Ingegnere Gestionale Senior e Consulente Lean Manufacturing con certificazione Black Belt Six Sigma. Oltre 15 anni di esperienza nell'ottimizzazione dei processi produttivi e nella riduzione degli sprechi in aziende metalmeccaniche.